CONVENTO DI SAN FRANCESCO IN ROVERETO – SALTARA

CONVENTO DI SAN FRANCESCO IN ROVERETO – SALTARA

Il Convento è addossato alla fiancata occidentale della chiesa, oltre la quale sporge formando un dente. Oggi Il convento è abitato da suore ed il centro di spiritualità viene utilizzato per la preghiera, ritiri spirituali e incontri culturali,

La chiesa di San Francesco in Rovereto è un tipico esempio di chiesa ad aula tardogotica, risalente alla prima metà del secolo XV. La facciata è caratterizzata da un finestrone circolare con cornice ornamentale in cotto, sovrastato da un altorilievo in pietra con l’immagine di San Francesco benedicente.

L’interno fu portato a termine da Marco da Saltara nel 1434, ed era caratterizzato dalla spoglia nudità delle pareti laterali, parzialmente ricoperte poi di affreschi fra tardo Quattrocento e primo Cinquecento.

L’interesse maggiore per il visitatore è dato dai grandi riquadri affrescati che occupano la parte superiore dell’abside: la Crocifissione, S. Pietro, S. Paolo e Santa Mustiola; S. Sebastiano, S. Francesco e il Beato Galeotto Roberto Malatesta, affreschi attribuiti a Giovanni Antonio Bellinzoni, che li avrebbe realizzati intorno al 1436. 

Gli affreschi delle pareti laterali, vengono invece attribuiti a Paolo da Serrungarina, che operò nella chiesa fra la fine del ‘400 e i primi anni del ‘500.

Vanno soprattutto ricordati un S. Bonaventura con l’albero della Redenzione datato 1490, le figure accostate di San Sebastiano e S. Rocco e una Madonna in trono con il Bambino.

Degna di nota è l’imponente cantoria barocca in legno intagliato addossata alla controfacciata, così come l’apparato decorativo aggiunto fra ‘600 e ‘700: in particolare, i grandi altari lignei intagliati e dorati e il grandioso ciborio posto a coronamento dell’altare maggiore. 

Il dipinto più interessante resta  la Tela dei Cordiglieri, quadro commissionato dalla Congregazione dei Cordiglieri di Saltara nel 1593, ad un artista di scuola baroccesca. 

Di seguito, un video che ci guida all’interno del Convento, con le parole dello storico dell’arte, Nino Finauri: